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Archive for febbraio 2010

starò un po’ zitta.

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E’ che dire “le piccole cose” mi urta, un po’ come a qualcun altro la parola “bimbi”. Però mi piacciono le cose piccole. Tagliare le verdure in pezzetti minuscoli senza usare il fullatore ad esempio.
Devo mangiare ogni giorno fuori casa, e fino a qualche tempo fa il pranzo per me è stato un vero problema. I panini non mi piacciono, il cinese sotto la scuola fa schifo, i fornai del centro sono troppo cari. Se prendevo qualcosa di pronto da casa non avevo dove scaldarlo, e il cibo freddo mi disgusta. Sono una cacacazzi, ma non posso farci niente. Così ho cominciato a portarmi dietro roba piccola: uno yogurt, una mela, un quadretto di cioccolata. Non è tanto, ma mi sazia e mi rallegra, anche. Sono tutte cose di dimensioni ridotte, che entrano comodamente in borsa, di vari colori e consistenze.
Allora è cambiato anche il mio modo di fare la spesa. Passo metà del tempo impiegato a comprare provviste solo al banco dei latticini. Scelgo sempre le cose più sceme e idiote create esclusivamente per i bambini, tipo le compostine plasmon o il budino mou mou solo per sentirmi dire “mettilo giù” da chi mi accompagna e riderci un po’.
Beh ovviamente anche per mangiarle, che a me piacciono questo genere di schifezze.
A pensarci bene non comprerei mai uno yogurt serio, tipo Activia. Fosse anche solo perché li pubblicizza cosina, lì.

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Qualcuno mi rammenta i Digimon.
I Digimon è uno dei pochi cartoni animati dei quali ho potuto vedere la prima puntata, insieme ai Pokèmon, Lady Oscar, Heidi e Fiocchi di Cotone. Da piccola questa cosa mi emozionava, vedere la prima o l’ultima puntata di una serie, mi riempiva di entusiasmo, perché le fasi intermedie si potevano beccare ogni pomeriggio, invece il principio e la conclusione capitavano solo due volte. Mi sono affezionata un sacco a questi cartoni animati, sono quelli che ricordo con più amore, in effetti.

Avevo un’amica brutta e antipatica che veniva ogni estate in vacanza in montagna, mi pare si chiamasse Caterina. A dodici anni pensava e agiva già come una quarantenne, era alta, magra, sobria, vestiva solo Lacoste e colori pastello quali bianco, azzurrino, verdino. Portava i capelli castani lisci come spaghetti legati in una coda di cavallo, a guardarla bene sembrava sempre che fosse in procinto di andare a giocare a tennis. Non ricordo assolutamente come la conobbi, per quanto possa pensarci non mi viene in mente. Ma finì che cominciammo a uscire insieme. Io non la sopportavo, a volte mi scatenava un odio profondo, però mi faceva anche una gran pena. I suoi argomenti di discussione preferiti riguardavano la barca a vela del padre (“ma è solo un guscio di noce, davvero piccola”) e la  scuola – era una gran secchiona, almeno per quel che diceva, una volta finite le medie si sarebbe iscritta al liceo scientifico indirizzo Brocca, “quello più difficile” ribadiva. Io sentivo “Brocca” e scoppiavo a ridere perché mi pareva assurdo che una scuola si potesse davvero chiamare così, lei puntualmente si offendeva e io piombavo nell’imbarazzo più grottesco, di fronte ai suoi musi lunghi non sapevo mai come comportarmi, sembravo una specie di Yeti ferito, ma questa è un’altra storia. Per quanto però mi stesse antipatica il fatto di passare un po’ di tempo con lei non mi pesava. Perlomeno non era stronza quanto le altre ragazzine con cui uscivo. A volte mi faceva addirittura sentire bene, e doveva essere un sentimento reciproco perché una sera se ne uscì dicendo “vorrei che tu mi considerassi la tua migliore amica”, cose da vomito insomma. Io diventai rossa come un peperone, me ne andai senza dire niente e non ne volli più sentir parlare.

Ma dicevo, i Digimon. Capitava che qualche volta mi fermassi da Caterina per cena. Abitava con la nonna in una graziosa casina del centro storico, mi piaceva stare lì. Era tutta di legno, il pavimento, le travi sul soffitto, i mobili, davvero carina. Una sera vedemmo la pubblicità di questo cartone animato e io impazzii letteralmente; ero già una fan sfegatata dei Pokèmon, dovevo assolutamente seguire anche questa nuova serie. A dire il vero la prima reazione fu di rabbia “li hanno copiati!! hanno copiato i Pokèmon!”, ma poi mi calmai e decisi di prendere saggiamente in analisi la prima puntata. Caterina mi chiese se potevamo vedercela insieme, l’avrebbero trasmessa pochi giorni dopo verso le quattro del pomeriggio, e acconsentii anche se tutta la faccenda mi sembrava strana dal momento che lei non guardava nessun tipo di cartone animato.

Alla fine la guardammo davvero insieme quella puntata, e fu divertente sebbene i Digimon non mi piacquero molto. Sì, la grafica era carina, e anche la storia tutto sommato, però c’era qualcosa che non mi convinceva, forse il fatto di sentire che in qualche modo stavo tradendo i Pokèmon. Continuai a seguire tutta la serie, ogni pomeriggio, anche quando la scuola cominciò e Caterina tornò al suo paese e da lì non credo di averla più vista, in effetti l’avevo completamente rimossa e magari se non fosse stato per i Digimon non l’avrei ricordata proprio mai più.

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